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Il mondo dei prodotti alimentari ha subito negli anni profonde trasformazioni, non essendosi sottratto alle spinte speculative che hanno investito in generale tutta l'economia. Ma non è solo speculazione. L'incremento della produzione su scala regionale e planetaria, la complessa macchina distributiva e i tempi rapidissimi, hanno tecnicizzato e industrializzato ogni settore, creando tanti passaggi intermedi e sistemi gestionali complessi che danno, è vero, lavoro a molte persone, ma che finiscono per gravare sui prezzi di  vendita e sulla qualità del prodotto e della vita in generale.

E' una corsa perpetua per ridurre i costi ed aumentare la produttività. Agricoltura e allevamento si industrializzano per diventare giganteschi distributori di alimenti , che valgono meno della carta, della plastica, dell'inchiostro e degli oceani di gasolio che consumano.

Per avere tutto, sempre e subito, si consolida la nevrosi collettiva, e nessuno vede più niente e occhio che non vede cuore che non duole.

 

 

 

 

 

Non vediamo le coltivazioni ultra-intensive dei latifondi del XXI° secolo, pompate a furor di veleni, manipolati da agricoltori in camice bianco, o quelle irrigate con il percolato delle discariche abusive. Fare in fretta, fare di più, fare comunque. Non vediamo raccogliere la frutta ancora verde e senza sapore, per stoccarla nei frigoriferi e maturarla artificialmente all'occorrenza: l'importante è darle il colore, per invogliare all'acquisto, il sapore si perde nel tempo, ci si abitua. E non vediamo che Il tuorlo delle uova non è rosso ma giallo paglierino, perché i polli vivono in trenta centimetri, con luce artificiale, senz'aria, nutriti solo con mangime chimico.

I cibi sono tutti confezionati, con l'etichetta in ordine, leggibile da microscopio, ma meglio non leggere: sono tutti addensanti, conservanti, coloranti, aromatizzanti, dolcificanti. Se facciamo i conti, in una confezione da 700 g. di biscotti da due euro c'è il costo della confezione, il trasporto dalla fabbrica nei depositi, il trasporto nelle rivendite, il lavoro di registro e di carico e scarico, il lavoro alla cassa,  le spese generali, la pubblicità, le tasse, l'utile del produttore, l'utile del grossista, l'utile del rivenditore. Dov'é il valore dei biscotti? E il valore della farina, dello zucchero, del latte, delle uova, del burro, del lievito? Il valore è zero virgola e non potrebbe essere altrimenti. Non compriamo veri biscotti, ma qualcosa di commestibile con la forma e il sapore del biscotto, che riempie lo stomaco e fa l'utile d'impresa.

I frutti buoni si fanno con la terra buona, con i concimi organici, senza diserbanti, senza insetticidi, si irriga con acqua pura, si raccolgono quando sono maturi e si vendono finché sono freschi. Il valore degli alimenti  non può prescindere dalla qualità del lavoro e della materia prima, ma è un valore che deve affermarsi in una lotta impari contro le multinazionali e le strategie di mercato.

Noi lo chiamiamo prezzo giusto, ma in realtà è un prezzo determinato dalla grande distribuzione e siamo noi a doverci adeguare. Il prezzo giusto dovrebbe ripagare il lavoro incessante e meticoloso, il lavoro al meglio, necessario per ottenere la qualità assoluta. Sappiamo che non è così, ma ci sorreggono altre motivazioni, questa è la nostra terra e lavoriamo così perché ci piace la natura e i suoi splendidi frutti.

Ultima considerazione. I tempi di crisi inducono alcuni piccoli produttori, o commercianti senza scrupoli travestiti da produttori, ad abbassare ulteriormente i prezzi, forse perché trattano "merce" di provenienza dubbia o scadente o non la pagano o perché sono all'ultimo stadio, e pur di vendere...

Noi non facciamo cose del genere e ci aspettiamo che chi ci conosce non ce lo chieda neanche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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